LUDOVICO ARIOSTO
La biografia
Ariosto nasce nel 1474 a Reggio Emilia da famiglia non nobile e numerosa. Ha quindi problemi economici, perché ha tante sorelle da sposare e anche un fratello handicappato.
Lavora per il cardinale (=vescovo molto importante, per esempio elegge il papa) Ippolito d’Este, fratello del duca di Ferrara. Ariosto è un uomo responsabile che ama la tranquillità. Infatti quando il cardinale Ippolito decide di andare in Ungheria, lui ha il coraggio di dirgli di no (non vuole anche perché ha un’amante sposata e non vuole allontanarsi da lei).
Trova quindi lavoro presso il duca di Ferrara. Il duca lo manda come governatore in una zona della Toscana, dove c’era un’epidemia di peste e molti briganti (=ladri, che non rispettavano la legge, rubavano in gruppo). Qui c’erano anche molti signori che non volevano sottomettersi alle leggi del duca e Ariosto, come governatore, doveva farle rispettare. Nonostante questa situazione difficile, riesce a fare bene il suo lavoro.
Quest’uomo che scrive il poema più fantasioso della letteratura italiana, nella sua vita sa anche essere molto pratico e responsabile.
Muore a cinquantanove anni, proprio quando riesce ad essere indipendente dal duca e va a vivere con la sua amata.
Le sue opere
Oltre al suo capolavoro, “L’Orlando furioso”, dedicato agli Estensi (la famiglia nobile di Ferrara, i d’Este), Ariosto ha scritto delle satire, lettere in versi, in cui racconta vari avvenimenti della sua vita (mai pubblicate, erano personali), delle commedie, dei versi.
L’Orlando furioso
Con “L’Orlando furioso” (furioso=arrabbiatissimo…con tre zeta!), Ariosto prosegue la storia raccontata da un’altra opera: “L’Orlando innamorato”, di Matteo Maria Boiardo.
Questi poemi avevano lo scopo di intrattenere (=divertire, dar piacere).
“L’Orlando furioso” è un poema cavalleresco in versi. Le strofe sono ottave (formate da otto versi). I versi sono endecasillabi (di undici sillabe). Tutti i versi hanno lo stesso schema di rime: A B A B A B (rime alternate per i primi sei versi) C C (rime baciate per il settimo e l’ottavo verso).
I temi del poema sono: l’amore, la guerra, la magia.
C’è in questo poema la nostalgia verso quel mondo di cavalieri, fatto di coraggio, di onestà e di generosità, ma c’è anche l’ironia di Ariosto, perché quel mondo è solo un sogno. L’ironia si vede soprattutto quando Ariosto fa correre continuamente i suoi personaggi verso uno scopo, li fa inseguire i loro sogni, ma poi non raggiungono mai il loro obiettivo.
La poetica
La poetica è l’idea che un autore ha della sua opera:
di cosa vuole parlare, quindi l’argomento
perché ne parla, quindi la sua finalità, il suo scopo.
come ne parla, quindi lo stile
L’argomento principale è come Orlando divenne, da innamorato sfortunato di Angelica, pazzo furioso e come la ragione persa dal grande cavaliere fu ritrovata da Astolfo sulla luna.
Altro tema è la guerra tra cristiani, guidati da Carlo Magno, e saraceni, guidati da Agramante. C’è poi l’amore fra il saraceno Ruggiero e la guerriera cristiana Bradamante, che incontrerà mille ostacoli, finché lui si farà battezzare e quindi potranno sposarsi (dai loro discendenti, cioè figli, nipoti, pronipoti…, nascerà la casata degli Estensi; così Ariosto fa un omaggio al suo duca).
La finalità è rappresentare la multiformità sia della vita che del nostro cuore.
Lo stile è dinamico, musicale, veloce. In pochi versi accadono tante cose e lui spesso parla di un fatto, che poi non conclude in quel canto, ma lo riprende successivamente.
Ariosto non ha scritto dei testi in cui parla della sua poetica e di cosa pensa dell’arte, ma si può capire cosa ne pensasse leggendo qualche riga in qualche sua opera.
Ad esempio, in una satira lui afferma che per scrivere versi non basta un luogo bello e poetico, ma ci vuole anche serenità d’animo.
L’Orlando furioso e il Rinascimento (QUESTO LA PROF LO CHIEDERA’)
Cosa c’è di rinascimentale in questo poema?
L’artista, secondo il pensiero rinascimentale, cerca di armonizzare (=dare armonia, equilibrio, simmetria) ciò che nella vita è multiforme, confuso, e in movimento; cerca di dare un ordine razionale alla realtà, che è multiforme.
Infatti nell’Orlando Furioso ci sono tantissime avventure, ma il racconto è unitario (binomio unità-varietà). (QUESTO E’ MOLTO IMPORTANTE)
La bellezza non è, come nella cultura medioevale, quello che è bene (bene=bello), ma è un’esperienza che dà piacere.
Infine l’amore umano non avvicina al divino, ma è un bene terreno, non spirituale.
La storia
La storia dell’Orlando si svolge ai tempi di Carlo Magno, nel nono secolo. Nel proemio, cioè all’inizio del poema, Ariosto scrive che Carlo Magno aveva ucciso il padre del re dei Saraceni Agramante. Allora Agramante dalla Spagna aveva invaso la Francia e aveva assediato Parigi. Carlo Magno è aiutato dai suoi paladini, che si chiamano così perché abitano nel palazzo. Tra i paladini, ci sono Orlando e Rinaldo, tutti e due innamorati di Angelica, bella principessa del Catai, cioè della Cina, fatta prigioniera (=non è più libera). Angelica non è, però, innamorata di nessuno dei due.
La fuga di Angelica
Tutti i cavalieri, cristiani e musulmani, sono innamorati di Angelica. Ariosto continua dove Matteo Maria Boiardo aveva lasciato interrotto il suo poema, cioè quando Angelica fugge, dopo che Carlo Magno aveva deciso di darla in sposa a chi, fra Orlando e Rinaldo, fosse stato più bravo in battaglia. Angelica fugge di notte nella foresta intorno Parigi (ricorda la selva oscura che in Dante simboleggiava il peccato; qui rappresenta la sorte, la vita, che è imprevedibile(=che non si può prevedere) e intricata (=piena di avvenimenti, difficile) e anche il cuore umano, che spesso ha sentimenti non chiari e sconosciuti da noi stessi. In Dante era una metafora moralistica, qui è una metafora laica, perché siamo nel Rinascimento.
Pochi giorni prima era nato un litigio
tra il conte Orlando e suo cugino Rinaldo;
perché tutti e due (“ambi”) avevano per la bellissima ragazza
il cuore caldo di desiderio amoroso.
Carlo, a cui non piaceva questa lite,
perché gli rendeva il loro aiuto meno sicuro,
questa ragazza, che ne era la causa,
prese, e diede al duca di Baviera;
Carlo decide di darla in sposa a chi dei due avesse ucciso più infedeli in battaglia. Invece i cristiani vengono sconfitti. Di ciò ne approfitta la principessa, che fugge in un bosco. Qui vede un cavaliere (che è Rinaldo) senza cavallo e come una pastorella che vede un serpente, così Angelica fugge da lui. E’ tanto spaventata che lascia che il suo cavallo vada dove vuole lui. Così arriva ad un fiume. Qui c’è Ferraù, cavaliere pagano, desideroso di bere e riposarsi dopo la battaglia, a cui è caduto l’elmo nel fiume. Ferraù è molto contento di vederla e decide di aiutarla combattendo contro Rinaldo. E mentre i due duellano, Angelica riprende la sua fuga. Quando Rinaldo si accorge che la ragazza non c’è più, propone a Ferraù di cercarla e poi di continuare il duello. Così la cercano, tutti e due sul cavallo dell’infedele.
Oh grande valore, onestà degli antichi cavalieri!
Erano nemici, erano di fede diversa,
si sentivano per i colpi avuti in battaglia
ancora dolore per tutto il corpo;
eppure per boschi scuri e sentieri
vanno insieme senza sospettare l’uno dell’altro (perché rispettosi delle regole dei cavalieri).
Il cavallo spronato da quattro piedi arriva
dove una strada si divideva in due.
Uno va a destra e uno a sinistra. Ferraù alla fine si ritrova sulla riva del fiume e cerca con un ramo di riprendere il suo elmo caduto nell’acqua. Mentre è lì tutto nervoso perché non vi riesce, vede uscire dall’acqua un cavaliere. Questi ha in mano proprio l’elmo del pagano e molto arrabbiato gli dice di essere il fratello di Angelica (che era stato ucciso proprio da Ferraù) e gli ricorda che prima che lui morisse, Ferraù gli aveva promesso di gettare il suo elmo nel fiume, ma che non aveva mantenuto la sua promessa. Gli dice di provare a conquistare l’elmo di Orlando o quello di Rinaldo e di lasciargli il suo. Ferraù si vergogna e si arrabbia e promette a se stesso di non indossare nessun elmo, se non quello di Orlando. Manterrà questa promessa e per molti giorni è tormentato da questo incontro.
Rinaldo ritrova il suo cavallo e gli grida di fermarsi, perché senza di lui non può stare, ma il cavallo non gli ubbidisce e Rinaldo lo insegue.
Intanto Angelica corre spaventata nella foresta, quel giorno e anche la notte. Come una bambina o una piccola capriola, che vede la madre inseguita da un animale feroce, scappa via, così fa Angelica, che scappa da Rinaldo. Il giorno dopo arriva in un bel posto con due chiari ruscelli (=piccoli fiumi) e tanti fiori e finalmente scende da cavallo e si addormenta sull’erba all’ombra degli alberi.
Angelica si innamorerà poi di Medoro, un semplice fante (=soldato senza cavallo) dell’esercito dei saraceni. Lo troverà ferito in un bosco, Cupido la colpisce e lei se ne innamora e lo porta nella casa di un pastore (=shepherd), dove si ameranno con grande passione. Quando Orlando verrà a sapere questo impazzirà. Il suo senno, il suo equilibrio mentale va a finire sulla luna, in una valle dove ci sono tante bottiglie dalla forma strana con dentro tutto ciò che si perde sulla Terra. Bisogna assolutamente riprendere la ragione di Orlando, altrimenti non si riesce a vincere contro gli infedeli. Va allora sulla luna un cavaliere, Astolfo, con un cavallo alato, porta la bottiglia ad Orlando e gliela fa inspirare. Così il cavaliere ritrova il suo equilibrio mentale.
La pazzia di Orlando
Un pomeriggio Orlando arriva in un boschetto. Qui vede i nomi di Angelica e Medoro scritti sugli alberi e, guardando meglio, capisce che sono stati scritti dalla sua amata. Cerca di non credere a ciò che vede, pensa che sia un’altra Angelica oppure che “Medoro” sia il nome con cui Angelica chiami lui. Arriva a una piccola grotta dove in arabo Medoro aveva scritto un ringraziamento alle piante, alle erbe, alle acque che avevano fatto da cornice all’amore suo e della principessa. L’arabo era una lingua che Orlando conosceva benissimo e che molte volte gli era stata utile. Il cavaliere rilegge tante volte lo scritto e alla fine rimane fermo con gli occhi fissi sul sasso, come fosse un sasso anche lui. Poi pensa che sia stato qualcuno a imitare (=copiare) la scrittura di Angelica. Intanto si è fatta sera e si avvicina col suo cavallo alla casa del pastore, dove aveva vissuto Medoro. Chiede di andare a dormire, è pieno di dolore e non vuole altro cibo.Il pastore, che lo vede triste, per farlo diventare più allegro, gli racconta la storia dei due amanti. Gli dice che quando il ragazzo era guarito, i due se ne erano andati per sposarsi e lei gli aveva regalato un anello per ringraziarlo. Orlando vede l’anello e lo riconosce (lo aveva regalato lui ad Angelica). Questo è il colpo finale, Orlando cerca di nascondere il suo dolore, ma non vi riesce, si lamenta e piange, girandosi continuamente nel letto. Gli viene in mente che Angelica ha dormito proprio in quel letto col suo amante. Sente un odio fortissimo verso quel letto, quella casa e quel pastore ed esce e in mezzo al bosco urlando tutto il suo dolore. Grida e piange per tutta la notte e il giorno seguente. Si ritrova nella piccola grotta e qui pieno d’odio e di rabbia con la sua spada spacca tutto, distrugge gli alberi, butta tutto nelle acque del torrente.
Astolfo sulla luna (la prof sceglierà due ottave per il compito)
In questo canto Ariosto ironizza sulla vita di corte, fatta di falsità.
Inoltre egli vuol dire che tante cose che sembrano importanti (la ricchezza, il potere, l’amore), in realtà non lo sono. Quindi dobbiamo avere passioni e ambizioni, ma dobbiamo viverle con equilibrio.
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martedì 12 maggio 2009
ITALIANO: LEZIONE DEL 07/05/09
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