mercoledì 28 aprile 2010

LEZIONE DEL 23/04/2010

3. La fase in cui si occupa di filosofia: (Leopardi)



nel 1823 la famiglia lo manda a Roma, che sarà per lui una grande delusione. Si aspettava tanto, aveva immaginato di conoscere grandi personalità, invece naturalmente la realtà era diversa. Rimane talmente deluso, che quando torna a Recanati abbandona la poesia per un po’ di tempo e si occupa di filosofia. Il suo pensiero è settecentesco, illuminista, materialista e ateo (il che ovviamente creerà dei conflitti in famiglia). Questa sua filosofia, che è in contrasto con lo spiritualismo di quel periodo, lo porterà al nulla filosofico, perché se si è materialisti non c’è Dio, non c’è senso, tutta la realta è un ciclo materialistico-meccanicistico della materia, in cui tutto finisce per dare spazio ad altre cose, che poi a loro volta finiranno, tutto senza un motivo, senza un fine.
Scrive le “Operette morali” (1824), un’opera di stampo (=carattere) materialistico che proprio per questo la Chiesa metterà all’indice dei libri proibiti. Sono dei dialoghi tra personaggi inventati o reali in cui Leopardi si chiede se sia possibile per l’uomo provare il piacere e la felicità, se la vita abbia un senso. Continuerà quest’opera anche quando lascerà di nuovo Recanati.
Nelle “Operette morali” il tema comune è il principio del piacere, cioè la ricerca della felicità, che è dentro ogni uomo. Ognuno infatti cerca di fuggire il dolore e desidera stare bene. Il piacere, secondo Leopardi, esiste sotto due forme e, però, non può mai essere raggiunto in nessuna delle due. Il piacere esiste come fine di un dolore, superamento di una preoccupazione, e in questo caso dura solo un po’ di tempo, poi ci si dimentica del dolore provato e il piacere passa.
Il piacere è anche tensione, attesa (non possesso). La Natura, quindi, è stata crudele perché questo continuo attendere il piacere ha dei limiti, che sono la malattia, la vecchiaia e la morte.
Con quest’opera, considerata da alcuni critici il capolavoro di Leopardi, partecipa a un concorso, che però non vince.
Nel “Dialogo della natura e di un islandese”, un islandese fugge in tutto il mondo dalla natura, in un posto fa troppo caldo, in un altro ci sono i ghiacciai, in un altro ancora un vulcano. Arriva nel centro dell’Africa, dove incontra proprio la Natura, una specie di donna grande come una montagna, con un volto bello e terribile. L’islandese le chiede perché gli esseri umani sono stati creati, se poi devono soffrire, è come se uno invitasse qualcuno a casa sua per poi trattarlo male. La Natura risponde che la felicità o l’infelicità degli uomini le è completamente indifferente e che se gli uomini sparissero dalla Terra lei non se ne accorgerebbe neanche. L’islandese chiede che senso ha tutto ciò, a cosa serva. Mentre faceva questa domanda secondo alcuni arrivarono due leoni affamati che se lo mangiarono, secondo altri fu coperto dalla sabbia a causa di un forte vento.



“Dialogo di un venditore d’almanacchi (=calendari) e di un passeggere (=passante)”
Il passante chiede al venditore di almanacchi a quale anno passato gli piacerebbe assomigliasse l’anno che sta per arrivare; il venditore gli risponde a nessuno. L’uomo domanda se, visto che pensa che la vita sia bella, tornerebbe a vivere tutti gli anni trascorsi. Alla risposta affermativa del venditore, gli chiede se rivivrebbe la sua vita uguale a come è stata, senza cambiamenti. Il venditore allora risponde di no. Il passante gli dice se vorrebbe rifare la vita di un altro, di un principe per esempio, o se pensa che anche il principe risponderebbe alla stesso modo. Il venditore concorda. Allora l’uomo gli chiede che vita vorrebbe e il venditore risponde che vuole una vita che piaccia a Dio; quindi, afferma l’uomo, una vita a caso, di cui non si sa nulla.
La conclusione del passante è che tutti sarebbero d’accordo col venditore, nessuno vorrebbe rinascere per avere la stessa vita e questo vuol dire che il caso ha trattato tutti male e che ognuno ha avuto più sofferenze che gioie.
“Quella vita, che è una cosa bella, non è quella che si conosce, ma quella che non si conosce, non la vita passata, ma la futura”.


Lontano da Recanati: Milano, Bologna, Firenze, Pisa


Leopardi viene chiamato a Milano dall’editore Stella, che gli offre un lavoro, quello di curare delle edizioni di letteratura. I suoi problemi di salute e il clima, però, lo costringeranno a lasciare la città lombarda.
Va a Bologna, dove continua a lavorare per l’editore Stella, poi a Firenze, dove c’è un clima culturale abbastanza vivace. Conosce un gruppo di intellettuali spiritualisti cattolici, che pur non pensandola come lui, lo apprezzano molto.
Va poi a Pisa, che, per la vicinanza al mare, ha un bel clima, Leopardi si sente meglio e scrive una poesia “Il Risorgimento”, risorgimento non politico, ma interiore. Nel suo cuore tornano a farsi sentire le illusioni.

Il ritorno a Recanati


Dopo un po’ i suoi problemi di salute, che ritornano, e la mancanza di soldi lo costringono a tornare nelle Marche. Torna da sconfitto, è depresso, però rivedendo quei luoghi che gli avevano ispirato le illusioni giovanili, non le riproverà nuovamente, ma gli torna il ricordo e prova una grande commozione. Scriverà allora i “Grandi Idilli”.

Firenze: Ranieri e l’amore per una nobildonna


I suoi amici di Firenze, tra cui Pietro Colletta, raccolgono del denaro (fanno una colletta) e lo invitano a tornare a Firenze. Leopardi lascia nuovamente Recanati; non ci tornerà più e non rivedrà più la sua famiglia.
Con quei soldi vive a Firenze per circa un anno. Conosce un esule napoletano, Antonio Ranieri, bello, sano e forte, scappato da Napoli per non essere arrestato dalla polizia borbonica. Nasce tra i due un’amicizia fortissima.
Leopardi in questo periodo s’innamora di una nobildonna fiorentina, bella e giovane, sposata con figli. Lei, però, è innamorata di Ranieri, con cui ha una relazione. A lei Leopardi dedica il “Ciclo di Aspasia”, una raccolta di poesie dove c’è il ritorno dell’illusione dell’amore. Tra questi componimenti c’è “A se stesso”, dal ritmo duro e spezzato.

LEZIONE DEL 19/04/2010


I MOTI DEL 1820-21
I moti del 1820-21 scoppiano in tutta Europa. L’origine è in Spagna, dove si era combattuta una lunga guerriglia contro Napoleone e le idee della Rivoluzione, ma alcune idee erano penetrate.
Nell’America latina (o America del sud), che era sotto la dominazione spagnola, scoppiano dei tumulti contro la Spagna. Si decide di mandare dei militari spagnoli a sedare questi tumulti, ma i militari si ribellano e chiedono la costituzione. Il moto viene però sconfitto.
Il secondo luogo dove scoppiano i moti è il Regno delle Due Sicilie. Scoppiano rivolte anche a Palermo e i Siciliani vogliono dividersi dal resto del Regno. Anche questo moto viene sconfitto.
Scoppia una rivolta anche nel Regno di Sardegna , dove i carbonari erano in contatto con l’erede al trono, Carlo Alberto, che sembrava simpatizzare con i liberali. Carlo Alberto, però, li tradisce e vengono tutti incarcerati. (Carlo Alberto, chiamato “re tentenna”, cioè indeciso, concederà una carta costituzionale, lo Statuto Albertino, che poi diventerà la prima Costituzione italiana).
Nel Regno Lombardo- Veneto, Silvio Pellico partecipa ai moti, viene scoperto, lo condannano a morte, poi a 20 anni di galera dura in Austria. Quando esce scrive “Le mie prigioni”.
Questi moti in Italia non daranno nessun risultato, mentre in America latina cominciano le rivoluzioni che porteranno all’indipendenza dalla dominazione spagnola. In Europa la Grecia si libera dalla dominazione dei Turchi.


I MOTI DEL 1830-31
Nel 1830-31 i moti iniziano in Francia, dove alla morte di Luigi XVIII era diventato re il fratello Carlo X, che, al contrario di Luigi, voleva tornare all’assolutismo. Scoppia così la rivoluzione, detta Rivoluzione di Luglio, e fu proclamata la Monarchia di Luglio, che va oltre la Restaurazione. Diventa sovrano Luigi Filippo d’Orleans, meno rigido di Carlo X.
Moti scoppiano anche in Polonia (divisa tra Russia e Prussia), che spera in un appoggio della Francia. Questo appoggio non c’è e invece intervengono i Russi. Il ministro degli Esteri francese, alla domanda sulla situazione in Polonia durante la dura repressione russa, risponde: “L’ordine regna a Varsavia”, frase che da allora sta ad indicare l’indifferenza dei governi di fronte alle repressioni attuate negli altri Paesi.
In Italia il capo dei moti carbonari è Ciro Menotti, che lotta per la formazione di un regno indipendente con capitale Roma. I carbonari contavano sull’appoggio del duca di Modena, Francesco IV. Quando, però, sta per scoppiare il moto, Francesco IV si spaventa e fa arrestare i ribelli. La rivoluzione scoppia lo stesso e si formano dei governi locali. Il governo austriaco allora interviene, Ciro Menotti viene impiccato e i suoi compagni esiliati.
Conclusioni dei moti del 1830-31: la Francia ha sconfitto il tentativo di Carlo X di ristabilire l’ancient regime e ha dimostrato che le idee liberali sono ancora vive.


IL RISORGIMENTO
Nel Risorgimento italiano ci sono:
 i liberali moderati, che vogliono una soluzione moderata, che è quella che trionferà: monarchia costituzionale e suffragio ristretto. Il loro metodo è la diplomazia, il cercare l’appoggio dei sovrani.
 i liberali democratici lottano per la repubblica e il suffragio universale. Il loro metodo è la rivoluzione armata. Tra questi c’è Giuseppe Mazzini.


GIUSEPPE MAZZINI
Giuseppe Mazzini, genovese, era inseguito da tutte le polizie d’Europa, perché considerato un terrorista pericoloso. Visse soprattutto in Svizzera e a Londra.
Aveva molto carisma (=capacità di avere una forte influenza sulle persone) e molti giovani lo seguirono entusiasti. Da giovane era un carbonaro, ma ad un certo punto si rende conto dei suoi limiti, soprattutto della segretezza.
Gli obiettivi del suo programma:
 indipendenza dell’Italia
 unità
 repubblica
 democrazia
 eliminazione dello Stato Pontificio e del potere temporale del papa.
Questo fa di Mazzini un radicale. Fonda un’organizzazione “La Giovine Italia”, “giovine” perché formata soprattutto da giovani, e perché aveva come obiettivo la creazione di un’Italia nuova.
Mazzini, che è anche filosofo, ha una concezione spiritualista e finalistica.

Mazzini, che è anche filosofo, ha una concezione spiritualista e finalistica. Il suo motto (=frase che descrive gli obiettivi di un gruppo) è “Dio e popolo”. Mazzini fa riferimento a un dio, che non è quello cattolico, ma è uno spirito superiore. In questo segue il pensiero di Hegel, filosofo spiritualista tedesco, il quale afferma che “ciò che è razionale è reale”, ciò che è spirito, che è anche ragione, deve diventare necessariamente realtà, e “ciò che è reale è razionale”, perché la realtà è frutto dello spirito, della ragione.
Secondo Mazzini, quindi, c’è un dio che ha un piano, un progetto che riguarda i popoli, e poiché “ciò che è razionale è reale”, questo piano sicuramente verrà realizzato. Lo scopo dei popoli è quello di migliorare il mondo e per far questo devono innanzitutto liberarsi dalle dominazioni.
Fonderà poi “La Giovane Europa”, perché tutti i popoli devono partecipare al miglioramento della società.

giovedì 22 aprile 2010

LEZIONE DEL 20/04/2010




GIACOMO LEOPARDI



E’ il più grande poeta del Romanticismo italiano, oltreché filosofo, nonostante cresca in un ambiente limitante e arretrato. Nasce infatti nel 1798 a Recanati, nelle Marche, regione che faceva parte dello Stato Pontificio. Suo padre era un conte che amava la cultura e che aveva un’enorme biblioteca; sua madre era molto religiosa, rigida, fredda come il marmo e piuttosto anaffettiva (=non esprimeva affetto). Facendo una severa economia aveva migliorato la situazione finanziaria della famiglia, che non era buona a causa di suo marito che aveva speso male i suoi soldi.

Gli anni giovanili
La vita del giovane Leopardi era piuttosto isolata, perché non poteva giocare con altri bambini, in quanto figlio di nobili.
Il suo carattere affettivo che non trova sfogo, la sua intelligenza e la sua grande immaginazione lo spingono a frequentare la biblioteca del padre e a dedicarsi a quello che lui chiamerà uno “studio matto e disperatissimo”; matto perché oltre i limiti umani, disperatissimo perché nato dall’impossibilità di dedicarsi ad attività fisiche (i suoi non gli facevano fare sport), ad avere relazioni con altri ragazzi, etc. Così già prima dei vent’anni avrà seri problemi alla spina dorsale e agli occhi.
A 12 anni conosceva, oltre ovviamente all’italiano, il greco, il latino, il francese e da solo studiava l’ebraico (era quindi un filologo, cioè un amante e conoscitore della cultura letteraria). Inoltre scrisse dei brevi saggi.
Il suo primo vero amico sarà Pietro Giordani, che crederà in lui come artista e che andrà a Recanati. Giordani porta in carrozza Leopardi per la prima volta a Macerata, dove il ragazzo non era mai stato. Il giovane chiede di nascosto il passaporto per scappare da Recanati, ma viene scoperto e così entra in una crisi profonda.
Non era, come spesso si dice, triste, pessimista e che pensasse solo a studiare. Era generoso, aperto, immaginoso (=fantasioso), disposto alle relazioni affettive; aveva dentro di sé molto forte il senso dell’amore, della gloria letteraria, della felicità. Proprio per questo, quando poi si trova di fronte alla realtà vera, che è sempre limitante e frustrante, ne rimane talmente deluso da soffrire di un senso di depressione. Questo stato inizia quando è ancora giovanissimo, ma mai diventerà un misantropo (=chiuso ai rapporti umani), come lui stesso dichiara nello “Zibaldone”, diario intellettuale dove scrive le sue riflessioni di tutta la vita.
Riesce a rompere diverse gabbie che avrebbero potuto soffocarlo: quella di una famiglia rigida, quella di un piccolo centro non certo stimolante, quella di uno Stato arretrato e limitante. Per questo lo si può definire il “grande provinciale”.


Ci sono tre fasi nella sua formazione intellettuale:
1. una fase di erudizione, cioè di preparazione culturale, quando frequenta la biblioteca di suo padre.

2. una fase in cui scopre il bello, la poesia:
tra il 1818 e il 1821, fallito il tentativo di fuga, Leopardi scrive alcuni capolavori, i “Piccoli Idilli”, dove “Piccoli” indica che sono stati scritti da giovane (più avanti scriverà i “Grandi Idilli”). Gli Idilli nella letteratura classica sono componimenti poetici in cui il paesaggio è un elemento centrale, gli Idilli di Leopardi parlano di paesaggi interiori. Quando scrive “I Piccoli Idilli” ha ancora delle illusioni: l’amore, la speranza di liberarsi dall’ambiente limitante in cui vive, la voglia di scoprire il mondo, la gloria letteraria.


L’”Infinito”



L’”Infinito” fa parte dei “Piccoli Idilli” ed è il suo componimento poetico più famoso.
Leopardi aveva l’abitudine di andare su un colle vicino a casa sua ad ammirare il panorama, ma una siepe gli impediva di vedere per un lungo tratto l’orizzonte. Il suo spirito, proprio a causa di tale impedimento, desiderava oltrepassare quel limite. Questo sentimento di infinito gli causa nel cuore una “profondissima quiete”. Fino a questo punto c’è un sentimento dell’infinito spaziale, cioè relativo allo spazio.
Poi c’è il vento che passa tra le foglie e questa sensazione uditiva gli fa pensare al suono del momento presente, dell’età attuale e alle “morte stagioni”, cioè a tutte le ere del passato. Percepisce così il senso dell’infinito temporale, dell’eternità, e tutto ciò non gli procura panico, ma gli sembra un dolce naufragio (=affondamento di una nave).
Questa poesia non ha aspetti spiritualisti, ma è una poesia di base sensistica, infatti parte da sensazioni fisiche, da ciò che Leopardi vede, da ciò che sente.

PARAFRASI
Mi è sempre stato molto caro questo solitario (“ermo”) colle,
e questa siepe che per un lungo tratto
esclude(=toglie, impedisce) lo sguardo (“il guardo”) del più lontano orizzonte.
Ma stando qui seduto e ammirando il paesaggio,
mi immagino (“io nel pensier mi fingo”) spazi senza fine (“interminati”, senza termine),
e silenzi sovrumani, e quiete profondissima; per cui (“ove”) per poco
il mio cuore non si spaventa. E quando il vento
sento passare tra queste piante, io quell’infinito
silenzio (che mi ero immaginato poco prima)
lo paragono a questa voce: e mi viene in mente l’eternità (si passa ad una sensazione temporale),
le ere passate, e la stagione (=l’era) presente e viva, e il suo suono. Così tra questa
immensità (spazio e tempo infiniti) il mio pensiero annega, si abbandona:
il naufragare in questo mare mi dà un senso di dolcezza.

Nella prima metà del componimento troviamo sensazioni visive che portano il poeta a pensare ad un infinito spaziale, nella seconda parte le sensazioni sono uditive e conducono ad un infinito temporale.
Ci sono diverse parole che rimandano all’idea dell’infinito: “orizzonte”, “interminati”, “sovrumane”, “profondissime”, “infinito”, “immensità”, “naufragar”.
Il pensiero che immagina e ricorda è reso da: “…e sovrumani silenzi, “e profondissima quiete…”, “…e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva e il suon di lei…”.


In questo componimento ci sono diversi enjambmant:
da tanta parte / dell’ultimo orizzonte
interminati / spazi
sovrumani / silenzi
quiete / io nel pensier mi fingo
il vento / odo stormir
quello / infinito
a questa voce / vo comparando
questa / immensità.

sabato 17 aprile 2010

LEZIONE DEL 12/04/2010



LA RESTAURAZIONE IN ITALIA


Anche l’Italia subisce un trattamento duro dal Congresso di Vienna: viene divisa in tantissimi staterelli, suddivisione che è uno dei motivi del blocco dello sviluppo economico (le altre cause sono il fatto che i borghesi erano pochi, che molti italiani erano contadini e che c’era un’aristocrazia oziosa. Per tutti questi motivi la rivoluzione industriale in Italia ci sarà solo alla fine dell’1800).
Il Congresso inoltre fa in modo che tutti questi staterelli sono direttamente o indirettamente sotto l’Austria (anche la Germania è divisa, ma almeno non è sottoposta a dominazione straniera).
L’Italia viene così suddivisa:
 regno di Sardegna, composto da Piemonte, Sardegna e Liguria, e governato da una casata del posto, i Savoia, fedelissimi al Congresso Di Vienna. In questo regno il clima è piuttosto repressivo.
 regno Lombardo-Veneto, composto da Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino sono sotto il diretto controllo dell’Austria, quindi degli Asburgo. Questa amministrazione è efficiente (per riforme, agricoltura, strade, nuove tecniche), è un regno non chiuso alle novità culturali.
 ducato di Parma e Piacenza, che viene assegnato a Maria Teresa d’Austria, moglie di Napoleone. Qui il clima era discretamente buono e si stava abbastanza bene.
 ducato di Modena, che viene dato ad un parente dei regnanti austriaci, qui il clima è pesantemente repressivo e poliziesco.
 Stato Pontificio, che comprendeva il Lazio, le Marche, l’Umbria e le Legazioni Pontificie in Romagna (perché i legati erano i delegati del papa-re).
 granducato di Toscana, assegnato ad un granduca imparentato con l’Austria. Il clima qui è abbastanza buono, con un clima culturale discretamente brillante.
 regno delle Due Sicilie, lo Stato più grande, con capitale Napoli. La famiglia regnante quella dei Borbone, casata franco-spagnola. Comprende Puglia, Calabria, Basilicata, Campania, Sicilia. C’erano poca libertà e tanta arretratezza.


LE SETTE SEGRETE E LA CARBONERIA

Non si poteva fare politica liberamente e nacquero così in tutta Europa delle organizzazioni contro la Restaurazione, le sette segrete. In Italia la più importante era la Carboneria, chiamata così perché aveva adottato il linguaggio dei carbonai, cioè di quelli che vendevano il carbone. Ne facevano parte militari e in minor numero borghesi e aristocratici illuminati.
I carbonari avevano l’obiettivo di combattere l’assolutismo ed ottenere una costituzione che limitasse il potere del re.
Il fallimento dei loro generosi tentativi rivoluzionari è dovuto anche ad alcuni limiti:
 eccessiva segretezza che impediva la propaganda
 incapacità di individuare spie della polizia
 scollegamento tra le varie organizzazioni che non agivano con un piano nazionale
 mal riposta fiducia nei sovrani. Ad esempio, nel 1820-21, durante i primi moti carbonari (=sommosse), il re si spaventa, promette la Costituzione, i carbonari si fidano, ma il sovrano si fa aiutare da altri re e poi perseguiterà i ribelli.
Il Risorgimento, che è il lungo processo che porterà all’indipendenza e all’unità d’Italia, secondo alcuni inizia proprio con i moti carbonari, secondo altri col pensiero di Mazzini.

LEZIONE DEL 13/04/2010



IL ROMANTICISMO



Il Romanticismo è una grande corrente culturale, artistica e letteraria, che nasce come tendenza del gusto (=preferenza per qualcosa condiviso da molti) in Inghilterra, ma la consapevolezza e la teorizzazione del cambiamento avvengono in Germania.
Alla fine del 1700 in Inghilterra venivano definiti “romantic”, da cui deriva “romantico”, dei racconti che avevano elementi fantastici (magia, castelli, spettri), e che per questo ricordavano i racconti del basso medioevo scritti in una lingua romanza, cioè la lingua d’oil. Tra questi c’erano “I cavalieri della tavola rotonda”, che oltre al tema della guerra, presentavano anche il tema dell’amore e della magia.
(Lingua romanza, cioè lingua che deriva dal romano, ovvero dal latino. Dal 1700 in poi il genere letterario che ha più successo è proprio il romanzo, che racconta in prosa una lunga storia, e si chiama così perché le prime narrazioni in prosa scritte non in latino sono state scritte in lingua d’oil, che era una lingua romanza).
E’ un gusto in controtendenza (=contrario) rispetto alla cultura dominante di quel periodo: mentre trionfano i lumi della ragione, si sviluppa una passione per racconti che hanno un carattere irrazionale. Fra questi romanzi inglesi c’è “Frankenstein” di Mary Shelley. Alcuni scrittori inglesi fecero una scommessa su chi avrebbe potuto scrivere una storia con elementi tenebrosi nel più breve tempo possibile e vinse la Shelley. In questo romanzo ci sono temi quali la creazione, l’uomo che sfida Dio.
In Germania c’è un movimento, lo “Sturm und drang”, cioè “Tempesta e assalto”, che propone una visione dell’arte in cui l’ispirazione e la spontaneità prevalgono sulla norma, sulla regola, sul modello, sul canone (=modello, regola) del neoclassicismo . Il bello per i neoclassici era adeguarsi ad un canone, ora il bello è bello se è frutto di un’autentica ispirazione. L’arte romantica quindi non è basata sull’imitazione, sulla riproduzione di un modello, ma sulla libera, spontanea, autentica espressione del sentimento.
Il Romanticismo trionfa alla fine dell’età napoleonica, cioè nella prima metà dell’800.
Il romantico ha un carattere passionale, non è un vincente e sente con sofferenza che esiste uno scarto (=una differenza) tra le sue aspettative, i suoi ideali e la realtà.


Il Romanticismo in Germania



C’è anche una ragione storico-politica per cui in Germania è forte il rifiuto del neoclassicismo: infatti, anche se la Germania era divisa in tanti staterelli e raggiungerà la sua unificazione soltanto nella seconda metà del 1800, era molto vivo agli inizi del 1800 un sentimento d’identità nazionale che era stato rafforzato dalla politica espansionistica e di dominio di Napoleone (in Italia, invece, non c’è questo sentimento, gli Italiani non parlano neanche la stessa lingua e molti sono contadini, che pensano solo a sopravvivere).
L’avversione contro la Francia si manifesta anche a livello culturale, in senso anti-neoclassico e anti-illuminista. Lo spirito tedesco vuole riscoprire le proprie radici e lo fa attraverso il proprio folclore (=cultura popolare), le saghe (=storie di un popolo), le leggende, etc. (Del resto, la cultura dell’antica Grecia e di Roma, proposta come modello dal neoclassicismo, non apparteneva al passato del popolo tedesco, era a lui estranea).
Nel Romanticismo tedesco c’è una tendenza all’irrazionale, a una letteratura ricca di streghe, maghi, folletti (=creature fantastiche che abitano nei boschi), etc.


Il Romanticismo in Italia



In Italia, pur tra tante contraddizioni, l’età napoleonica aveva lasciato un’eredità positiva:
- semplificazione del quadro politico (anche se ci sono tanti staterelli, alcuni di questi diventano repubbliche sorelle)
- introduzione del Codice civile, col quale si supera l’ancien regime
- diffusione degli ideali egualitari, etc.
Non c’è quindi, come accade in Germania, un rifiuto nei confronti delle idee illuministiche.
Un’altra differenza con la Germania, è che nel periodo della Restaurazione l’Italia ha anche il problema di rendersi indipendente. Il Romanticismo avrà quindi anche un aspetto di carattere politico, che si manifesterà nell’impegno dei patrioti per il Risorgimento.
(Dopo la sconfitta di Napoleone c’è la Restaurazione, tornano sui troni i vecchi sovrani. La Germania resta divisa, ma non è sottoposta a una dominazione straniera, mentre l’Italia in ogni staterello si trova direttamente o indirettamente sotto la dominazione dell’impero austriaco).
Quindi in Italia il Romanticismo non è soltanto una cultura di carattere irrazionalistico come in Germania, ma viene utilizzato quello che l’Illuminismo aveva insegnato, cioè che l’impegno culturale deve essere esteso a tutti i campi del sapere e che la cultura va diffusa il più possibile.
In entrambi i Paesi, ciò che viene rifiutato è il concetto di imitazione, il rifarsi in modo acritico a un modello di cultura superato: il mondo classico appare lontano, lo spirito dei moderni deve elaborare una nuova poetica.


Il dibattito tra classicisti e romantici



Il dibattito in Italia arriva grazie a Madame de Staёl (pronuncia madàm), figlia del ministro che prima dello scoppio della Rivoluzione francese aveva detto a Luigi XVI che occorrevano urgenti provvedimenti per la disastrosa situazione finanziaria. Avversaria di Napoleone, pubblicò un saggio “De l’Allemagne” (pronuncia de l’alemagn, significa sulla Germania), in cui parlava della nuova poetica che si stava diffondendo in Germania.
Pubblicò un articolo sulla rivista italiana “Biblioteca italiana”, dal titolo “Sull’utilità e sulla maniera delle traduzioni”, in cui consigliava gli intellettuali italiani di tradurre opere di altri Paesi, come l’Inghilterra e la Germania, per allargare l’orizzonte culturale ed aprirsi a una cultura innovativa e moderna. (Gli italiani erano fieri di glorie letterarie come Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, fino al 1700 l’italiano era parlato in tutta Europa dalle persone colte, e questo li rendeva poco aperti alle novità).
Si formano due schieramenti: i classicisti e i romantici. I primi difendevano la tradizione, mentre i secondi riconoscevano che c’era una nuova sensibilità, che i temi e le forme dovevano rinnovarsi. La divisione prese una piega politica, soprattutto in Lombardia: i classicisti, conservatori sul piano culturale, erano anche conservatori sul piano politico, erano legati all’ancien regime e favorevoli alla dominazione austriaca; i romantici, innovatori sul piano culturale, coincidevano con quelli che sul piano politico volevano l’indipendenza dell’Italia.
Venne pubblicata per un anno una rivista, “Il Conciliatore”, che fu poi chiusa dalla censura austriaca, perché alcuni dei suoi giornalisti manifestavano delle idee di carattere patriottico. “Il Conciliatore” ricorda un’altra rivista lombarda, del 1700, “Il Caffè”, perché vuole toccare temi nuovi con un linguaggio adatto a un largo pubblico.
Comunque non tutti i classicisti erano conservatori, così come non tutti i romantici erano patrioti. Ad esempio, il direttore di “Biblioteca Italiana” era Pietro Giordani, classicista, ma giacobino. A lui scrive giovanissimo Giacomo Leopardi e così inizia uno scambio culturale, che poi si trasformerà in rapporto affettivo.