L’ITALIA E LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA (1848-49)
In Italia si chiede l’indipendenza, l’unità, la costituzione, la democrazia, qualcuno anche la repubblica.
Con il primo moto rivoluzionario del 1848 si ottiene dal re piemontese Carlo Alberto la costituzione, chiamata Statuto albertino; lo imitano il granduca di Toscana, il re di Napoli e , più avanti, Pio IX. Queste costituzioni mettono fine per un po’ all’assolutismo in questi Stati.
Le cinque giornate di Milano
A Milano nel gennaio del 1848 c’è lo sciopero del tabacco, si decide cioè di non fumare perché il tabacco era monopolio (=il solo produttore è lo Stato) dell’Austria. A marzo arriva la notizia che a Vienna è scoppiata una rivoluzione e il cancelliere (=ministro) Metternich è stato cacciato. Approfittando dei problemi che l’Austria aveva al suo interno scoppia una rivolta, nota col nome “le cinque giornate di Milano”. Si crea un governo provvisorio, ma intanto gli austriaci si organizzano nel quadrilatero formato da Mantova, Peschiera del Garda, Verona e Legnago. A questo punto i Milanesi chiedono aiuto al re del Piemonte. Carlo Alberto tentenna, poi si decide a dichiarare guerra all’Austria. Non lo fa per sentimento patriottico, ma per la speranza di annettersi una regione ricca come la Lombardia. Nel frattempo insorgono (=fanno una rivoluzione, un’insurrezione) anche Brescia e Venezia. In aiuto dei Lombardi mandano le loro truppe Pio IX, il re di Napoli e il granduca di Toscana, ma soprattutto partono tanti volontari, anche i garibaldini.
Ci sono alcune vittorie, ma i volontari vengono utilizzati poco e male dalle truppe regolari, che non li apprezzano. Pio IX riceve le minacce dell’Austria e quindi ritira il suo aiuto militare. Si arriva allora alla sconfitta di Carlo Alberto a Custoza e quindi all’armistizio, cioè ad una tregua, ad una pausa della guerra.
Ripresa dell’iniziativa democratica
A questo punto riprende forza l’iniziativa democratica, visto che l’intervento del re del Piemonte voluto dai moderati non aveva ottenuto risultati: Carlo Alberto era stato per un po’ indeciso, avevano utilizzato male i volontari, Pio IX si era ritirato. I democratici, che contano sul popolo e non sui sovrani, fondano due repubbliche democratiche (che prevedono il suffragio universale): la Repubblica Toscana (dove era stato cacciato il granduca) e la Repubblica Romana, una delle esperienze più alte e generose del Risorgimento.
La Repubblica Romana
Il papa è stato cacciato, viene formato un triumvirato (=composto da tre uomini), di cui fa parte Giuseppe Mazzini. Anche Garibaldi difende la Repubblica Romana. Viene scritta una costituzione che è molto più avanti dello Statuto Albertino e che prevede la distribuzione della terra ai contadini. Dopo pochi mesi, però, nella primavera del 1849 arriva l’esercito francese a rimettere il papa sul trono. Il Presidente della Repubblica nata dalla rivoluzione Luigi Napoleone, nipote di Napoleone, manda il suo esercito a sconfiggere una repubblica nata da una rivoluzione.
Fine della prima guerra d’indipendenza
Garibaldi abbandona Roma con alcuni suoi fedeli e con sua moglie incinta. Cercano di raggiungere Venezia, perché nel frattempo Carlo Alberto, spinto dai democratici, ha ripreso la guerra contro l’Austria, ma viene sconfitto nuovamente a Novara. Abdica (=si dimette) e diventa re Vittorio Emanuele II (che farà l’unità d’Italia). Gli Austraci accettano la resa, non costringono Vittorio Emanuele a ritirare lo Statuto, mentre invece hanno ritirato (=tolto) le loro costituzioni Pio IX, il granduca di Toscana (che è ritornato) e il re di Napoli.
L’ultima a resistere è Venezia, che si arrende nell’agosto del 1849, anche per un’epidemia di colera. Intanto nelle valli di Comacchio Anita si ammala e muore.
Conclusione della prima guerra d’indipendenza, basata soprattutto sull’iniziativa democratica: nulla, salvo una cosa lo Statuto albertino. Da qui riprenderà l’iniziativa moderata.
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