LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA
Nel 1859 Cavour decide di portare l’Austria a dichiarare guerra al Piemonte, poiché solo in questo caso la Francia si muoverà. Fa cominciare delle esercitazioni militari al confine con la Lombardia, mentre migliaia di volontari giungono da tutta Italia. Arriva anche Garibaldi, che guida i Cacciatori delle Alpi. L’Austria dice al Piemonte di cessare queste esercitazioni, i Piemontesi non si ritirano e l’Austria dichiara guerra al Piemonte. La Francia rispetta i patti di Plombieres, scende in guerra e ottiene una vittoria, dopo la quale Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano, liberata dal dominio austriaco.
Francesi e Piemontesi vincono le battaglie di Solferino e San Martino e anche Garibaldi ottiene delle vittorie.
A questo punto, però, Napoleone III firma l’armistizio di Villafranca con l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe. Si decide a questo a causa delle proteste dei suoi sudditi dovute alle numerosissime vittime, dei costi elevati, e delle rivolte nell’Italia centrale. Infatti nel frattempo i patrioti del ducato di Parma e Piacenza, del ducato di Modena, della Toscana e di alcune città dello Stato pontificio avevano chiesto di entrare a far parte del regno del Piemonte.
Cavour avrebbe voluto continuare la guerra anche senza la Francia, ma poiché Vittorio Emanuele non volle, si dimise per protesta.
Comunque agli inizi del 1860 Cavour ritornò a capo del governo e gestì le annessioni dell’Italia centrale. Quindi vengono perse Nizza e la Savoia, ma si è formato uno stato del nord, che comprende Piemonte, Liguria, Sardegna, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana.
LA SPEDIZIONE DEI MILLE
Garibaldi aveva rinunciato alla pregiudiziale repubblicana, ma resta un democratico, crede nell’iniziativa popolare. La spedizione di Sapri era stata popolare, la sua sconfitta aveva rilanciato la politica moderata di Cavour, grazie alla quale parte dell’Italia centrale è annessa. I democratici allora decidono di approfittare di questo momento favorevole, di cavalcare l’onda.
Garibaldi sente che è il momento buono per agire, anche perché è aiutato dalla massoneria e dall’Inghilterra. L’Inghilterra infatti ha molti interessi economici nel Regno di Napoli, ma ultimamente i rapporti con i Borboni si sono guastati e quindi appoggia l’obiettivo di Garibaldi Questi organizza una spedizione, che assomiglia a quella di Pisacane, ma meglio organizzata e con più aiuti. Ha con lui 1080 volontari, soprattutto del nord, un po’ meno del centro, ancora meno del sud Italia, sono combattenti delle guerre del 1848 e del 1859, sono studenti, insegnanti, artigiani, operai, nessun contadino (non sono interessati, hanno altri problemi). Indossano una camicia rossa. Vittorio Emanuele II ha simpatia per Garibaldi (certo non per Mazzini) e con Cavour sta a guardare cosa succede.
I Mille partono da Quarto, in Liguria il 5 maggio 1870 e sbarcarono a Marsala, in Sicilia. Penetrarono nell’interno suscitando l’entusiasmo dei Siciliani, alcuni dei quali si unirono a loro. A Calatafimi Garibaldi si proclamò dittatore (=che assume pieni poteri) in nome del re Vittorio Emanuele II. Quando i garibaldini arrivarono a Palermo gli abitanti insorsero e scacciarono insieme l’esercito borbonico.
Poi però comincia qualche problema. I contadini sfruttati dai proprietari terrieri si fidano di Garibaldi e pensano che lui farà giustizia e farà la distribuzione delle terre. A Bronte, però, i contadini in nome di Garibaldi fanno una strage e uccidono molti nobili. Qualche giorno dopo Garibaldi mandò Nino Bixio, il suo luogotenente, a riportare l’ordine, anche perché i proprietari gli fanno capire che a loro va bene mandar via i Borboni, ma non accettano le sollevazioni popolari. Nino Bixio arresta e fucila i rivoltosi, molti sono arrestati. Intanto arrivano altri volontari e Garibaldi sconfigge nuovamente i Borboni a Milazzo. Lascia la Sicilia e va in Calabria. Anche sul continente Garibaldi vince ed entra trionfalmente a Napoli.
A questo punto Vittorio Emanuele e Cavour capiscono che devono prendere la situazione in mano e così l’esercito piemontese si muove, va verso le Marche e sconfigge le truppe borboniche e pontificie. Vengono così liberate anche le Marche e l’Umbria e al papa resta solo il Lazio.
A Teano, vicino Caserta, Vittorio Emanuele II e Garibaldi si incontrano e l’eroe dei due mondi consegna al re tutte le terre conquistate. L’iniziativa democratica a questo punto non ha più speranze e si passa ai plebisciti, dove le popolazioni dei vari Stati scelgono di annettersi al Piemonte.
Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d’Italia. Mancavano Venezia, Trento, Trieste e il Lazio. Due mesi dopo muore Cavour.
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