mercoledì 12 maggio 2010

LEZIONIE DEL 10/05/2010

CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR


Camillo Benso conte di Cavour, piemontese, nobile, proprietario terriero, è stato un grande liberale moderato e un abile (=capace) diplomatico. Era stato in Francia e in Inghilterra. Di quest’ultima apprezzava lo sviluppo economico e le istituzioni politiche liberali che ne avevano fatto una nazione forte. Voleva applicare il modello inglese al Piemonte.
A partire dal 1849, quando finisce la guerra contro l’Austria, domina per un lungo periodo la scena politica piemontese o come ministro o come presidente del Consiglio, cioè capo del governo. Il suo obiettivo non è la repubblica, non è il suffragio universale, non è l’unità d’Italia (obiettivo troppo alto, bisognerebbe dichiarare guerra all’Austria, che ha il più potente esercito europeo, e al papa).
Cavour realizza delle riforme, come l’abolizione della tassa sul grano, potenzia la produzione del riso, costruisce strade e canali, aiuta lo sviluppo dell’industria.
Nel 1852 il ministro Siccardi propone delle leggi che puntano alla laicizzazione dello Stato piemontese, cioè all’indipendenza delle istituzioni politiche dalla Chiesa: abolizione del diritto d’asilo (il diritto d’asilo era la possibilità di sfuggire alla polizia rifugiandosi nelle chiese o nei conventi), abolizione del foro ecclesiastico (=tribunale della Chiesa, che giudicava i preti, le suore e i monaci che commettevano un reato). Cavour appoggiò le leggi Siccardi, dimostrando così di avere idee avanzate. Il suo motto era “libera Chiesa in libero Stato”, cioè la Chiesa ha il diritto di professare la sua fede, ma lo Stato deve poter fare la sua politica in modo indipendente dalla Chiesa.



LA GUERRA DI CRIMEA


La Crimea è una penisola del mar Nero. Lì moriranno moltissimi giovani soldati piemontesi, anche a causa dello scoppio di un’epidemia di colera.
Cosa ci facevano i Piemontesi in Crimea?
La Russia voleva avere uno sbocco verso il Mediterraneo e arrivare sul mar Nero voleva dire avvicinarsi ad esso. Dichiara guerra alla Turchia, perché quelli erano territori turchi. Questo tentativo di espansione russa spaventa le potenze europee, così l’Inghilterra e la Francia si alleano con la Turchia. Anche Cavour decide di partecipare alla guerra di Crimea, perché pensa che, terminata la guerra, sul tavolo delle potenze vincitrici potrà portare la situazione italiana. Infatti nel 1856 al Congresso di Parigi Cavour fa presente la drammatica situazione dell’Italia e sollecita i sovrani ad intervenire loro per non lasciare in mano ai rivoluzionari e al popolo la soluzione del problema.



I PATTI DI PLOMBIERES


Due anni dopo Cavour stipula i patti di Plombieres (pronuncia plombièr) con l’imperatore Napoleone III (Luigi Napoleone, aveva fatto un plebiscito sulla sua nomina ad imperatore e il popolo maschio aveva votato per il sì; così Napoleone III fonda il secondo impero). Per arrivare ai patti di Plombieres Cavour si era servito di tutti i mezzi, compresa una bellissima donna italiana che lo convince ad aiutare l’Italia. Secondo questi patti se l’Austria avesse dichiarato guerra al Piemonte, la Francia avrebbe aiutato il Piemonte. In cambio la Francia avrebbe avuto Nizza (dove era nato Garibaldi), la Savoia (da cui veniva la famiglia regnante piemontese) e un aiuto a costituire uno staterello nel centro Italia da dare ad un parente dell’imperatore.
Dopo i patti di Plombier un mazziniano un po’ estremista, Felice Orsini, cerca di ammazzare Napoleone III, perché aveva distrutto la Repubblica Romana ed era un traditore della repubblica; Orsini viene condannato a morte, ma questo fatto avrebbe potuto far ripensare Napoleone sui patti. Cavour riesce a ribaltare la situazione, facendo capire all’imperatore che la situazione in Italia può diventare pericolosa anche per l’Europa, se non si cerca di prendere la situazione in mano e liberare l’Italia dagli Austriaci.





CARLO PISACANE


Nel 1853 a Milano c’era stato un altro moto mazziniano, finito male. A Mazzini cominciano ad arrivare delle critiche.
Carlo Pisacane è un mazziniano perché lotta per la repubblica e perché crede nel popolo e nella lotta armata. Mentre Mazzini, però, è contrario al socialismo perché questo si basa sulla lotta di classe che divide il popolo, e lui vuole il popolo unito, Pisacane pensa che affinché cambi davvero qualcosa per i poveri, devono cambiare i rapporti sociali. I contadini hanno bisogno della distribuzione delle terre, perché solo così potranno non essere sfruttati e migliorare la propria vita. Pisacane fa parte del socialismo risorgimentale.
E’ un ufficiale dell’esercito borbonico, legge Mazzini e vari testi rivoluzionari, che lo portano a cambiare. Nel frattempo si innamora ricambiato di una donna sposata con figli (a quei tempi i matrimoni erano combinati, quindi spesso infelici). Pisacane abbandona l’esercito per le sue idee, lascia il regno di Napoli e la donna lo segue, lui rischiando la fucilazione come disertore (=chi abbandona l’esercito) e lei di finire sotto processo per adulterio. Vivranno sempre in esilio in grande povertà a Parigi e a Londra. Mentre è in esilio, nel 1857 gli arrivano notizie (gonfiate) che nel sud Italia la situazione è prerivoluzionaria, cioè che si è pronti per una rivoluzione. Pisacane lascia la sua donna, torna in Italia e organizza la spedizione (=spostamento di numerose persone con scopo di conquista) di Sapri, località al confine tra la Campania e la Basilicata. Parte con i suoi seguaci da Genova, arriva a Ponza (isola laziale) libera dei prigionieri politici e non, e in trecento si dirigono a Sapri. Qui pensano di attirare dalla loro parte i contadini. In realtà quando sbarcano e cominciano ad avanzare nell’interno si diffonde la voce che stanno arrivando trecento delinquenti pericolosi. Ci sono vari scontri contro i contadini e contro le truppe borboniche e Pisacane si suicida sul campo per non farsi prendere.

Garibaldi, mazziniano e repubblicano, dopo la spedizione di Sapri ha la conferma che i moti mazziniani non portano a nulla. Abbandona allora la pregiudiziale (=un’idea, una condizione irrinunciabile, in questo caso o repubblica o niente) repubblicana, pensa che è meglio fare l’Italia come si può, quindi anche monarchica. Fonda la Società Nazionale, un’associazione che ha l’obiettivo di raccogliere fondi (=soldi) e organizzare i patrioti per l’unificazione, anche sotto una monarchia costituzionale.

lunedì 10 maggio 2010

LEZIONE DEL 07/05/2010

La concezione della poesia


Nel dibattito fra classicisti e romantici, a cui partecipa da giovanissimo, Leopardi inizialmente è dalla parte dei classicisti, perché afferma che non c’è poesia più bella di quella classica, perché nell’era classica l’uomo era pieno di fantasia e di immaginazione; poi queste sono state sostituite dalla ragione.
La stessa cosa accade in ogni singolo uomo, che nell’infanzia è pieno di fantasia e immaginazione e poi arriva l’età della ragione.
Leopardi mette in relazione l’infanzia col classicismo e la maturità col romanticismo. I primi due hanno in comune la fantasia, l’immaginazione, la spontaneità; i secondi la ragione.
In una fase successiva Leopardi afferma che la poesia moderna non può che essere romantica, perché lo spirito dell’uomo moderno è diverso, è raziocinante.



Il pessimismo leopardiano


Il pessimismo di Leopardi ha due fasi: il pessimismo storico e il pessimismo cosmico, che ruotano intorno al binomio natura e ragione.
Nella fase del pessimismo storico la natura è benigna. Si chiama pessimismo “storico”, perché in questa concezione c’è stato un periodo storico in cui l’uomo era felice, viveva immerso nella natura e si nutriva di illusioni. Poi la ragione ha distrutto le illusioni e l’uomo ha scoperto l’infelicità. La natura cerca di coprire col velo delle illusioni la realtà e la ragione, invece, ci porta alla verità, al dolore. La stessa cosa si ripete in ogni individuo, che dall’infanzia felice passa all’età della ragione e quindi alla disillusione.
Nel pessimismo cosmico la natura è negativa, “matrigna” crudele, mentre viene rivalutata la ragione. In questa fase Leopardi afferma che l’uomo non è mai stato felice, che la natura ci inganna perché ci ha dato la tendenza alla felicità, ma questa non può mai trovare soddisfazione. La ragione è l’unico bene rimasto agli uomini, che possono scoprire grazie ad essa la verità e affrontarla con dignità. Il pessimismo ora riguarda non solo l’uomo, ma tutto l’universo.

LEZIONE DEL 04/05/2010

“A se stesso”


Ultimo componimento del “Ciclo di Aspasia” è “A se stesso”, dal ritmo duro e spezzato.

Ora riposerai (non avrai più slanci) per sempre
cuore mio stanco. E’ finito l’ultimo inganno (quello dell’amore per Fanny)
che io ho pensato potesse durare per sempre. Finì. So bene
che in me (“in noi”)
non solo la speranza delle illusioni (“cari inganni”) è spenta, ma anche il desiderio.
Riposa per sempre. Troppo
hai desiderato con ansia (“palpitasti”). Nessuna cosa è degna
dei tuoi moti, né la terra è degna di desideri (“sospiri”).
La vita è amarezza e noia e tutto è nulla; il mondo è fango.
Acquietati ormai. Assaggia la disperazione
per l’ultima volta. Al genere umano il destino
non donò che la morte. Ormai
disprezza te stesso, la natura, il brutto
potere (della natura) che, nascosto (“ascoso”), governa a danno di tutti (“comun danno”)
e disprezza l’infinita vanità (=inutilità) del tutto.




Napoli e gli ultimi anni


Ranieri, tornato da qualche tempo a Napoli, parla a sua sorella di Leopardi e lei, una donna molto buona, gli dice di invitare il poeta ad andare a vivere con loro. La ragazza lascia la casa dei genitori e va a vivere con il fratello e con Leopardi. Vivranno insieme sette anni. Inizialmente il poeta era mantenuto dai due fratelli, non potendo lavorare per il suo pessimo stato di salute, poi scrive al padre e si fa mandare dei soldi.
Leopardi muore assistito da Ranieri e dalla sorella.

venerdì 7 maggio 2010

LEZIONE DEL 03/05/2010

L’ITALIA E LA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA (1848-49)


In Italia si chiede l’indipendenza, l’unità, la costituzione, la democrazia, qualcuno anche la repubblica.
Con il primo moto rivoluzionario del 1848 si ottiene dal re piemontese Carlo Alberto la costituzione, chiamata Statuto albertino; lo imitano il granduca di Toscana, il re di Napoli e , più avanti, Pio IX. Queste costituzioni mettono fine per un po’ all’assolutismo in questi Stati.



Le cinque giornate di Milano


A Milano nel gennaio del 1848 c’è lo sciopero del tabacco, si decide cioè di non fumare perché il tabacco era monopolio (=il solo produttore è lo Stato) dell’Austria. A marzo arriva la notizia che a Vienna è scoppiata una rivoluzione e il cancelliere (=ministro) Metternich è stato cacciato. Approfittando dei problemi che l’Austria aveva al suo interno scoppia una rivolta, nota col nome “le cinque giornate di Milano”. Si crea un governo provvisorio, ma intanto gli austriaci si organizzano nel quadrilatero formato da Mantova, Peschiera del Garda, Verona e Legnago. A questo punto i Milanesi chiedono aiuto al re del Piemonte. Carlo Alberto tentenna, poi si decide a dichiarare guerra all’Austria. Non lo fa per sentimento patriottico, ma per la speranza di annettersi una regione ricca come la Lombardia. Nel frattempo insorgono (=fanno una rivoluzione, un’insurrezione) anche Brescia e Venezia. In aiuto dei Lombardi mandano le loro truppe Pio IX, il re di Napoli e il granduca di Toscana, ma soprattutto partono tanti volontari, anche i garibaldini.
Ci sono alcune vittorie, ma i volontari vengono utilizzati poco e male dalle truppe regolari, che non li apprezzano. Pio IX riceve le minacce dell’Austria e quindi ritira il suo aiuto militare. Si arriva allora alla sconfitta di Carlo Alberto a Custoza e quindi all’armistizio, cioè ad una tregua, ad una pausa della guerra.




Ripresa dell’iniziativa democratica


A questo punto riprende forza l’iniziativa democratica, visto che l’intervento del re del Piemonte voluto dai moderati non aveva ottenuto risultati: Carlo Alberto era stato per un po’ indeciso, avevano utilizzato male i volontari, Pio IX si era ritirato. I democratici, che contano sul popolo e non sui sovrani, fondano due repubbliche democratiche (che prevedono il suffragio universale): la Repubblica Toscana (dove era stato cacciato il granduca) e la Repubblica Romana, una delle esperienze più alte e generose del Risorgimento.



La Repubblica Romana


Il papa è stato cacciato, viene formato un triumvirato (=composto da tre uomini), di cui fa parte Giuseppe Mazzini. Anche Garibaldi difende la Repubblica Romana. Viene scritta una costituzione che è molto più avanti dello Statuto Albertino e che prevede la distribuzione della terra ai contadini. Dopo pochi mesi, però, nella primavera del 1849 arriva l’esercito francese a rimettere il papa sul trono. Il Presidente della Repubblica nata dalla rivoluzione Luigi Napoleone, nipote di Napoleone, manda il suo esercito a sconfiggere una repubblica nata da una rivoluzione.



Fine della prima guerra d’indipendenza


Garibaldi abbandona Roma con alcuni suoi fedeli e con sua moglie incinta. Cercano di raggiungere Venezia, perché nel frattempo Carlo Alberto, spinto dai democratici, ha ripreso la guerra contro l’Austria, ma viene sconfitto nuovamente a Novara. Abdica (=si dimette) e diventa re Vittorio Emanuele II (che farà l’unità d’Italia). Gli Austraci accettano la resa, non costringono Vittorio Emanuele a ritirare lo Statuto, mentre invece hanno ritirato (=tolto) le loro costituzioni Pio IX, il granduca di Toscana (che è ritornato) e il re di Napoli.
L’ultima a resistere è Venezia, che si arrende nell’agosto del 1849, anche per un’epidemia di colera. Intanto nelle valli di Comacchio Anita si ammala e muore.

Conclusione della prima guerra d’indipendenza, basata soprattutto sull’iniziativa democratica: nulla, salvo una cosa lo Statuto albertino. Da qui riprenderà l’iniziativa moderata.

LEZIONE DEL 26/04/2010

MAZZINI E GARIBALDI


La Giovane Italia organizza dei moti, ma anche questi finiscono male. Nel 1833, in Piemonte, partecipa ad uno di questi Giuseppe Garibaldi. Garibaldi era nato a Nizza, che allora era italiana. Il moto viene sventato (=non riesce neanche a svilupparsi), lui riesce a fuggire e viene condannato a morte. E’ chiamato l’eroe dei due mondi (il mondo nuovo, l’America; il mondo vecchio, l’Europa), perché scappa in America latina e partecipa con generosità alle lotte rivoluzionarie dei popoli latino-americani contro la Spagna. In America conosce Anita, che sposerà e da cui avrà dei figli (uno lo chiamerà Menotti, in ricordo del carbonaro Ciro Menotti).
Nel 1848 gli giungerà la notizia che, come in tutta Europa, anche in Italia c’è una rivolta. Garibaldi torna in Italia, dove lotterà per l’indipendenza e l’unità d’Italia in modo straordinario.
In questo periodo si vanno affermando le idee socialiste. Mazzini non è socialista, il suo motto è infatti “Dio e popolo”, e il popolo non è fatto da una classe sociale, ma da tutte, mentre i socialisti si rivolgono soprattutto alla classe operaia. Inoltre i socialisti credono nella lotta di classe, mentre Mazzini afferma che la lotta di classe divide il popolo, che invece deve essere unito per lottare contro il nemico, che è l’Austria e i sovrani assoluti.
Comunque Mazzini non è indifferente alla questione sociale, infatti partecipa alla Prima Internazionale a Londra. Inoltre è uno dei fondatori delle società di mutuo soccorso (mutuo= reciproco, scambievole; soccorso=aiuto). In Italia non c’è Stato sociale, lo Stato non si interessa della malattia e della vecchiaia. Vengono così create le società di mutuo soccorso, che intervengono dando dei soldi se qualcuno rimane ferito sul lavoro e non può più lavorare. I soldi erano versati dai lavoratori stessi.
Garibaldi è più vicino di Mazzini al socialismo, perché è vicino alla povera gente. E’ meno intellettuale di Mazzini, non è un filosofo, è soprattutto un uomo d’azione, di passioni, un grande generale.



I LIBERALI MODERATI FEDERALISTI: GIOBERTI


I moderati cercano soluzioni diverse dopo gli insuccessi mazziniani.
Tra i moderati c’è Gioberti, sostenitore del federalismo, dottrina politica favorevole alla federazione degli Stati: unione di Stati che obbediscono a un governo centrale per gli interessi comuni, e che sono autonomi per gli interessi locali. (Ci sono sia moderati sia democratici che sostengono il federalismo, infatti ci sono monarchici federalisti, così come repubblicani federalisti). Gioberti voleva una federazione di monarchie sotto la presidenza del papa.
Scrive un saggio “Primato morale e civile degli Italiani”, cioè superiorità spirituale e civile degli Italiani, superiorità dovuta al fatto che la penisola è sede del papato. Il suo pensiero prende così il nome di neoguelfismo (=nuovo guelfismo).



I LIBERALI DEMOCRATICI FEDERALISTI: CARLO CATTANEO


Carlo Cattaneo è un federalista democratico. Era contrario sia alla monarchia sabauda (=dei Savoia, qualcuno infatti cominciava a pensare a un’Italia unita sotto i Savoia, perché casa regnante “italiana”) sia al papato, voleva una federazione repubblicana.



PIO IX


Accade qualcosa che sembra dare ragione a Gioberti.
Nel 1846 viene eletto papa Pio IX, che avrà il più lungo pontificato della Chiesa, di quasi 32 anni. E’ l’ultimo papa ad avere il potere temporale.
Appena eletto, grazia (=perdona e libera) alcuni prigionieri politici. Inoltre crea una consulta (=organismo di consiglieri, che consigliano il papa) laica, mentre prima era formata da preti. Infine rende meno severa la censura sulla stampa. Questo crea un entusiasmo generale e il neoguelfismo vede in lui il papa capace di guidare una confederazione (=federazione) di monarchie.